In principio “il formaggio” erano loro. Quando gli uomini inventarono la pastorizia, iniziarono infatti dagli ovini e l’arte casearia nacque con il latte di questi animali, nutriente e molto saporito. In molte regioni d’Italia, tra cui il Piemonte, questa tradizione è rimasta viva, e oggi gli esperti di nutrizione stanno riscoprendo tutto il valore dei formaggi non vaccini.

Nella zona del Mediterraneo, fin dai tempi di Greci e Romani la pastorizia ovina fu la più diffusa, affiancata (e superata) solo in seguito dal quella bovina. Si può dire che l’arte del formaggio sia nata dalle pecore e dalle capre, e si è tramandata fino a noi grazie a generazioni di pastori del Sud che, vivendo isolati dall’influsso delle culture del Nord Europa, hanno conservato una preziosa ricchezza di sapori e di nutrizione.

A lungo si è ritenuto che il formaggio di pecora fosse inferiore dal punto di vista nutritivo e più scadente come qualità. Oggi , grazie alla scienza dell’alimentazione e anche al prezioso lavoro dei Consorzi di Tutela, sappiamo che non è così.

Il “grande ritorno” dei formaggi pecorini e caprini parte dalla valorizzazione del latte: negli ultimi anni, sono migliorati gli standard degli allevamenti e del prodotto. I formaggi di pecora sono inoltre ricchi di minerali: oltre al calcio e al sodio, anche al fosforo e potassio e vitamina A. Cento grammi di formaggio di pecora contengono, in media, 30 grammi di grassi, 26 di proteine e 370 calorie (di solito, i formaggi di capra sono invece leggermente meno grassi). Dunque si tratta di alimenti validi come gli altri formaggi.

I caprini
I formaggi prodotti da latte di capra (o latte misto caprino-vaccino) possiedono più o meno le stesse qualità dei formaggi di pecora. Anche se il più famoso tipo di “caprino” è il formaggio fresco e cilindrico, a pasta molle. Per le sue qualità dietetiche è oggi apprezzato soprattutto il caprino fresco. Ma la versione stagionata e più piccante, coperta da uno strato di muffa naturale, è una vera specialità della cucina semplice e popolare.

La Robiola di Roccaverano DOP è un esempio, di un tipico formaggio di capra piemontese da origini molto antiche: testimonianze lo fanno risalire al periodo celtico-ligure. Il suo nome richiama sia il latino “robium”, con riferimento al colore rossiccio della crosta, sia il nome del paese di Roccaverano nell’astigiano da dove si è originato il prodotto.

Per la produzione della Robiola di Roccaverano DOP infatti si utilizza latte crudo intero di capra delle razze Roccaverano e Camosciata Alpina e loro incroci, di pecora di razza Pecora delle Langhe e di vacca delle razze Piemontese e Bruna Alpina e loro incroci.

La Robiola di Roccaverano DOP è quindi un formaggio a pasta fresca, la maturazione dipende della microflora lattea presente nel latte lavorato esclusivamente a crudo senza la presenza di fermenti aggiunti.

Nella Robiola di Roccaverano DOP gli aromi ed i sapori si presentano decisi fino al piccante in funzione della stagionatura.